martedì 4 ottobre 2011

Comunicato Wikipedia 4 Ottobre 2011.

Cara lettrice, caro lettore,

in queste ore Wikipedia in lingua italiana rischia di non poter più continuare a fornire quel servizio che nel corso degli anni ti è stato utile e che adesso, come al solito, stavi cercando. La pagina che volevi leggere esiste ed è solo nascosta, ma c'è il rischio che fra poco si sia costretti a cancellarla davvero.

Il Disegno di legge - Norme in materia di intercettazioni telefoniche etc., p. 24, alla lettera a) recita:

«Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.»

Negli ultimi 10 anni, Wikipedia è entrata a far parte delle abitudini di milioni di utenti della Rete in cerca di un sapere neutrale, gratuito e soprattutto libero. Una nuova e immensa enciclopedia multilingue, che può essere consultata in qualunque momento senza spendere nulla.

Oggi, purtroppo, i pilastri di questo progetto — neutralità, libertà e verificabilità dei suoi contenuti — rischiano di essere fortemente compromessi dal comma 29 del cosiddetto DDL intercettazioni.

Tale proposta di riforma legislativa, che il Parlamento italiano sta discutendo in questi giorni, prevede, tra le altre cose, anche l'obbligo per tutti i siti web di pubblicare, entro 48 ore dalla richiesta e senza alcun commento, una rettifica su qualsiasi contenuto che il richiedente giudichi lesivo della propria immagine.

Purtroppo, la valutazione della "lesività" di detti contenuti non viene rimessa a un Giudice terzo e imparziale, ma unicamente all'opinione del soggetto che si presume danneggiato.

Quindi, in base al comma 29, chiunque si sentirà offeso da un contenuto presente su un blog, su una testata giornalistica on-line e, molto probabilmente, anche qui su Wikipedia, potrà arrogarsi il diritto — indipendentemente dalla veridicità delle informazioni ritenute offensive — di chiederne non solo la rimozione, ma anche la sostituzione con una sua "rettifica", volta a contraddire e smentire detti contenuti, anche a dispetto delle fonti presenti.

In questi anni, gli utenti di Wikipedia (ricordiamo ancora una volta che Wikipedia non ha una redazione) sono sempre stati disponibili a discutere e nel caso a correggere, ove verificato in base a fonti terze, ogni contenuto ritenuto lesivo del buon nome di chicchessia; tutto ciò senza che venissero mai meno le prerogative di neutralità e indipendenza del Progetto. Nei rarissimi casi in cui non è stato possibile trovare una soluzione, l'intera pagina è stata rimossa.

Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo
Articolo 27

«Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici.

Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.»

L'obbligo di pubblicare fra i nostri contenuti le smentite previste dal comma 29, senza poter addirittura entrare nel merito delle stesse e a prescindere da qualsiasi verifica, costituisce per Wikipedia una inaccettabile limitazione della propria libertà e indipendenza: tale limitazione snatura i principi alla base dell'Enciclopedia libera e ne paralizza la modalità orizzontale di accesso e contributo, ponendo di fatto fine alla sua esistenza come l'abbiamo conosciuta fino a oggi.

Sia ben chiaro: nessuno di noi vuole mettere in discussione le tutele poste a salvaguardia della reputazione, dell'onore e dell'immagine di ognuno. Si ricorda, tuttavia, che ogni cittadino italiano è già tutelato in tal senso dall'articolo 595 del codice penale, che punisce il reato di diffamazione.

Con questo comunicato, vogliamo mettere in guardia i lettori dai rischi che discendono dal lasciare all'arbitrio dei singoli la tutela della propria immagine e del proprio decoro invadendo la sfera di legittimi interessi altrui. In tali condizioni, gli utenti della Rete sarebbero indotti a smettere di occuparsi di determinati argomenti o personaggi, anche solo per "non avere problemi".

Vogliamo poter continuare a mantenere un'enciclopedia libera e aperta a tutti. La nostra voce è anche la tua voce: Wikipedia è già neutrale, perché neutralizzarla?

Gli utenti di Wikipedia.

Copiato direttamente dal'Enciclopedia LIBERA.

Sono senza parole.

lunedì 3 ottobre 2011

Fleet Foxes - Helplessness Blues



3 Maggio 2011

Immaginiamo spesso la volpe come un animale furbissimo, scaltro. E di una bellezza incredibile. E adesso, immaginiamo di trovarne 6, come i componenti del gruppo.

I Fleet Foxes sono una giovane band americana, con soli due album all'attivo e 'solamente' un disco di platino in Gran Bretagna,
e più di 211.000 copie vendute in America.

Secondo appuntamento superato.

'Helpessness Blues' è un album vario, con arrangiamenti assai elaborati, e con melodie quasi immediate, ma con un sapore del tutto particolare.
Bob Dylan, Crosby, Stills & Nash, Neil Young, Ennio Morricone; sono le influenze che caratterizano questo album.

Colpisce molto la varietà di questo disco, risultando non eccessivamente prolisse ma molto naturali.

Il biglietto da visita è la prima 'Montezuma', brano caratterizzato da un arrangiamento molto semplice che si avvicina ad un brano quasi a cappella.
Qui gli strumenti sono in secondo piano, accompagnando la serie di cori verso il secondo brano, 'Bedouin Dress'.
Si respira decisamente un'aria anni '60, dove è predominante la varietà di strumenti e un'ottima abilità nel comporre.
'Sim Sala Bim' è il brano che mi ha colpito di più dell'album , qui la voce è accompagnata dalla chitarra per poi evolve e
creare un'atmosfera particolarissima, con una piccola sorpresa strumentale nel finale.
'Someone You'd Admire' riesce ad essere convincente nonostante la povertà di strumenti in confronto a tutto il disco. Semplice chitarra e voce.
Quest'ultima è il punto di forza del disco, riesce a colpire e a non stufare.
'The Shrine/An Argument' è il brano più complesso dell'album.
Introdotta anch'essa da chitarra e voce, nei suoi 8 minuti troviamo un tessuto di strumenti molto vario.

'Helpessness Blues' convince.
Per una giovane band convince e anche molto, scrivere un disco Folk rock con una varietà cosi eccezionale non è cosa da tutti. Specialmente a questa età.
Band che va seguita, nel bene e nel male, ce ne farà vedere delle belle.

domenica 25 settembre 2011

Opeth - Heritage

Opeth - Heritage

20/09/2011


Gli Opeth, tralasciando i gusti personali, sono sicuramente una delle migliori realtà nel panorama musicale odierno. Da oltre 15 anni ormai ci hanno abituati ad un miscuglio pressoché perfetto di stili che presi singolarmente risulterebbero antitetici tra loro. I loro lavori si distinguono per la maestria con cui riescono ad amalgamare death metal e sezioni progressive/acustiche, ma non mancano episodi in cui è evidente la loro capacità di dedicarsi all'uno o all'altro stile (basta ascoltare, a riguardo, Damnation).

Di questa seconda categoria fa parte Heritage, decima fatica in studio del combo svedese, un album destinato a far parlare di sé (già dalla copertina, ad opera del grande Travis Smith, molto settantiana ma che ha spiazzato un po' tutti con quelle teste). Il materiale presente qui è nettamente diverso da qualunque cosa realizzata precedentemente: totale assenza di growl e di metal in generale, ma diverso anche da ciò che si può trovare in Damnation. Le dieci canzoni presenti sono infatti frutto di un progetto personale di Åkerfeldt oserei dire, con continui richiami al progressive rock degli anni d'oro ed un brano esplicitamente tributato a Ronnie James Dio.

Il disco si apre (e si chiude) con due tracce strumentali delicate, quasi a fare da cornice ad bel quadretto dove basta un po' di attenzione e cultura per scorgere decine di particolari, richiami ai gruppi che hanno influenzato Mikael. Il primo pezzo, la title track, vede la prima (ed unica, al momento) performance in studio di Joakim Svalberg, subentrato a Per Wiberg dopo la registrazione dell'album e qui impegnato al pianoforte.
Il singolo estratto, "The Devil's Orchard", si rivela uno dei migliori pezzi in una tracklist che, comunque, presenta una qualità costante in quanto a composizioni e performance. Seguono "I Feel the Dark", che alterna atmosfere oniriche a riffoni pesanti per poi chiudersi sfumando. "Slither" è la traccia più veloce del disco, con fortissimi richiami a quei capolavori dei Rainbow intitolati "Kill the King" e "Stargazer". La voce di Mikael, per quanto bella, non è quella del compianto Dio, ma il pezzo è forse uno dei più riusciti e sicuramente il più diretto del lotto.
Si prosegue velocemente passando a "Nepenthe", brano atipico strutturato su atmosfere da luce soffusa, per poi sfociare in un paio di stacchi prog che richiamano vagamente il riff di tastiera di "Proclamation" dei Gentle Giant, il secondo dei quali culminante in un assolo di Akesson che ci ricorda (forse in maniera un po' invadente) di essere comunque uno shredder. "Haxprocess", con i suoi tempi dispari nella sezione centrale, ci traghetta verso "Famine", traccia esotica caratterizzata dalle percussioni di Alex Acuña (Weather Report e tanti altri) e da una sezione finale che pesa come un macigno, con richiami ai Jethro Tull dati dagli inserti al flauto (suonato da Björn J:son Lindh). Gli ultimi due pezzi propriamente detti, "The Lines in My Hand" e "Folklore" sono assolutamente tra i migliori: il primo è caratterizzato da una prima parte con un tiro costante e il basso possente di Mendez, e da una seconda che preme sull'acceleratore mostrando un Axenrot in grande spolvero; nell'altra sono subito ravvisabili dei richiami ai Camel (più precisamente, al riff portante di Echoes), per poi proseguire in uno stacco e in una parte finale da brividi che ricorda leggermente "Gates of Babylon" dei già citati Rainbow. Come detto prima, il disco si chiude con "Marrow of the Earth", una composizione alla chitarra che fa quasi riflettere e pensare a tutto ciò che si è appena ascoltato, quasi come sospesi in una dimensione intermedia.

In definitiva, che dire di questo album? Decisamente un disco spartiacque, degno del miglior Mosé, che ha fatto, fa e farà storcere il naso alla gente che ha amato gli Opeth principalmente per il death metal (e non è certo poca), ma fare ciò che piace e che si sente di suonare è uno dei diritti principali di chi viene considerato un artista.
Tanti pregi e qualche difetto, inevitabilmente. È impossibile non notare i miglioramenti di Axe dietro le pelli, già ravvisabili nell'ultimo live, e tutti questi piccoli (e grandi) richiami ai fasti del passato non possono che riempire di gioia l'ascoltatore nostalgico, ma è anche difficile restare indifferenti ai diversi "stacchi" presenti nelle composizioni. Una sorta di "stop & go" che si fa sentire in termini di fluidità, ma che comunque non impedisce di apprezzare il disco nella sua interezza. Senza infamia e senza lode l'altro "nuovo" membro, Akesson, che per fortuna non mette il naso dove non dovrebbe con i suoi assoli prettamente metal, o almeno non lo fa eccessivamente.

Voto? Qui in genere tendo ad essere generoso, ma penso che a questo disco un 7.5/8 (per chi proprio si è lasciato prendere, come me) non si possa negare, sia per le indiscutibili capacità dei musicisti in questione, sia per il coraggio dimostrato dagli stessi nel sapersi rimettere in gioco seguendo la propria personale vena artistica.

Gentle Giant - Gentle Giant [Retrò.]

Gentle Giant - Gentle Giant

27/11/1970




L'Inghilterra, è stata tra le terre più profiliche parlando di musica colta, in particolare il periodo dal '69 in poi.
Prima il Progressive, poi il suo celebre nemico, il Punk.
Nella prima corrente, i Gentle Giant sono stati tra i più innovativi, il loro eclettisimo musicale è indiscutibile e questo 'Gentle Giant' ne è il primo testimone.

Il gruppo esordisce nel 1970 con il loro 'Gentle Giant', con la copertina ad opera di GreenWood che passerà poi alla storia.
Gentle Giant è un album versatile, con una ricchezza sonora invidiabile.
Un'opera colta, con un intreccio di note che tocca la classica, il Jazz, sperimentazioni vocali, ed il Folk medievale.

Subito un'ondata di Progressive più classico ci travolge, 'Giant' è il primo battito di un'opera che tocca dei picchi musicali incredibili.
La schizofrenia (Re cremisi docet) di Giant è seguita dalla più armoniosa 'Funny Ways', con un'evoluzione centrale imprevedibile, con una coda finale da brivido.
Forse proprio il termine 'imprevedibile' può definire la successiva 'Alucard', dove ci troviamo di nuovo in territori Rock più progressivi, ma con sperimentazioni vocali
che allora sicuramente venivano definite 'Innovative', che contribuscono alla definizione di imprevedibilità e dinamicità.
'Isn't It Quiet And Cold' è un richiamo alla Beatles, un brano cosi poteva essere stato scritto da un John Lennon.

I Gentle Giant mostrano in questo album una grande abilità compositiva ancora nel bocciolo, ma che col successivo 'Aquiring the Taste' sarebbe esplosa ai massimi livelli.
Album cardine di una scena infinità, da ascoltare e avere assolutamente.
Forse per chi ama il Progressive più barocco non sarà il massimo, ma se si riesce ad entrare nell'ottica di un album cosi, non si può non amarlo.

sabato 24 settembre 2011

Steve Hackett - Beyond The Shrouded Horizon

Steve Hackett  - Beyond The Shrouded Horizon 

26/09/2011



Un pò contro le premesse del blog, aggiorno questo piccolo spazio con un post dedicato al sommo e divino Steve Hackett, ex chitarrista di un gruppetto chiamato Genesis e artista solista molto profilico.
Beyond The Shrouded Horizon è il suo 23 disco solista, e personalmente sono molto curioso di ascoltare pezzi inediti di questo versatile musicista.

Nel frattempo, gustiamoci due brani.
Il primo celebre con i Genesis, The Fountain of Salmacis da Nursery Crime, dove Hackett mostra un gran gusto:


E poi, dal suo primissimo album solista, Voyage of the Acolyte del 1975, ecco la bellissima The Hermit.



mercoledì 21 settembre 2011

è solo un inizio.

Questo piccolo blog nasce dalla passione musicale di Francesco (Nil) e Giuseppe (Spiral Architect) per la Musica.
Musica intesa come forma d'arte, unica vera dipendenza per entrambi.

Non abbiamo confini temporali, parleremo di artisti passati come gli Stones e anche di artisti più moderni come i Radiohead.
Il blog, comunque, non si soffermerà solo su i mostri sacri, ma ci dedicheremo sopratutto a quelle band underground che meritano molta più visibilità e supporto.

Seguiteci. :)